Carbon budget: cos’è e perché è importante per l’umanità
Un parametro che indica la riserva di CO2 che la popolazione mondiale può ancora immettere nell’atmosfera prima di superare la soglia di 1,5 gradi. Varcata la quale, i cambiamenti climatici produrranno danni irreversibili per il Pianeta. L’unica strada percorribile è quella che conduce alla carbon neutrality
Quando si parla di cambiamenti climatici, spesso è difficile fare riferimento a parametri precisi e misurabili. Il carbon budget è uno di questi, e rappresenta uno dei criteri più importanti e urgenti da monitorare. Si tratta, semplificando, della quantità di CO2 che possiamo ancora permetterci di immettere nell’atmosfera prima di superare l’innalzamento di temperatura di 1,5 gradi Celsius. Il limite ritenuto sicuro dall’Accordo di Parigi, superato il quale si innescherebbero processi gravissimi e irreversibili per il Pianeta e per la vita dei suoi abitanti. Una sorta di “riserva di inquinamento” che abbiamo a disposizione. E che dobbiamo giocarci con grande senso della misura, innescando un cambiamento immediato a tutti i livelli.
A quanto ammonta il carbon budget
Tutti noi, quotidianamente, produciamo anidride carbonica che si accumula nell’atmosfera. Negli ultimi decenni, la produzione di CO2 ha superato nettamente i livelli accettabili per l’equilibro del Pianeta. Provocando, come conseguenza diretta, il surriscaldamento globale. Ciò che preoccupa di più, è che il livello di emissioni ha continuato a crescere anno dopo anno. Raggiungendo il picco 36,8 miliardi di tonnellate di CO2 nel 2019, sceso a 34 miliardi nel 2020 a causa della pandemia (fonte Asvis). Il carbon budget disponibile per avere il 66% di probabilità di restare sotto la soglia degli 1,5 gradi ammonta oggi a circa 310 tonnellate. Una quantità che, se proseguiamo ai ritmi attuali, si esaurirà nell’arco di 7 anni. Aumentandola, la probabilità di non superare la soglia limite diminuirà.
Le azioni da intraprendere
L’obiettivo da perseguire nell’immediato è la carbon neutrality. Organismi nazionali e sovranazionali, Stati, aziende e privati cittadini devono misurare le proprie emissioni e ridurle. Si tratta di intraprendere un percorso che, a partire da una verifica dei trend di produzione di CO2, porti a modificare radicalmente abitudini e prassi produttive. Il Green Deal Europeo, presentato a dicembre 2019 dalla Commissione europea, è stato elaborato proprio a partire da questo principio. Prevede, infatti, che l’Europa diventi climaticamente neutrale entro il 2050.
Lo strumento operativo che sostiene il piano è la legge europea sul clima. Che inserisce la neutralità climatica nella legislazione vincolante comunitaria. In questo modo, è stato aggiornato anche l’obiettivo intermedio di ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Una notizia positiva, perché originariamente ci si impegnava ad una riduzione del 30% entro il 2030. Questo significa che gli sforzi fatti a livello continentale stanno ottenendo risultati migliori del previsto.
L’effimero impatto della pandemia sulle emissioni
La pandemia ha inciso positivamente sulle emissioni di CO2. Una tendenza già in fase di esaurimento, perché frutto di una situazione di emergenza e non di una scelta ponderata. Il Global carbon budget 2020 riporta che “le misure globali dovute alla pandemia hanno causato un calo delle emissioni di anidride carbonica di circa 2,4 miliardi di tonnellate nel corso del 2020”. Una riduzione – già in controtendenza – dovuta soprattutto al blocco dei trasporti. Un elemento interessante per comprendere su quali fattori agire prioritariamente. Allo stesso tempo, il dato allarmante è che nonostante il calo delle emissioni avvenuto nel 2020, il livello di CO2 nell’atmosfera continua a crescere. Per stabilizzare il livello, l’unica possibilità è portare le emissioni vicine allo zero.