Il Belpaese è il primo Stato europeo per numero di aziende agricole bio. Nel 2019 la superficie coltivata ha raggiunto i 2 milioni di ettari. Una crescita costante e diffusa sull’intero territorio
L’Italia è sempre più bio e attenta alla sostenibilità. Le coltivazioni biologiche della Penisola sfiorano i 2 milioni di ettari (+2%), mentre sul piano produttivo siamo il primo Paese europeo per numero di aziende agricole impegnate nel biologico, con 80.643 operatori (+2%). Un record storico che corona la crescita costante e ininterrotta degli ultimi 30 anni, dall’approvazione della normativa europea in materia. Lo attesta un’analisi di Coldiretti su dati Sinab relativi al 2019, presentata a ottobre 2020 in occasione del Sana Restart, il salone del biologico alla Fiera di Bologna.

Un settore in espansione da Nord a Sud
La diffusione delle coltivazioni biologiche interessa l’intero territorio nazionale, ma è il Sud a guidare la classifica delle superfici con il record della Sicilia (oltre 370mila ettari, pari al 26% della superficie coltivata in regione), seguita dalla Puglia con 266mila ettari (20,7%) e dalla Calabria, che sfiora i 208mila ettari (36,4%). Percentuali a due cifre nel Mezzogiorno si registrano anche in Basilicata (21%), Campania (13,1%), Abruzzo (11,4%) e Sardegna (10,2%). Al centro le prime tre regioni per superfici a bio sono il Lazio con 144mila ettari (23,2%), la Toscana con oltre 143mila ettari (21,7%) e le Marche con più di 104mila ettari (22,2%). Al Nord è l’Emilia Romagna la prima regione per ampiezza di superficie biologica con 166mila ettari (pari al 15,4% delle aree coltivate), seguita dalla Lombardia con 56mila ettari (11,2%) e dal Piemonte con quasi 51mila ettari. Importanti invece le percentuali che indicano il tasso di crescita dei campi coltivati a bio per la Provincia di Trento (+31,3%) e il Veneto (+25,4%).
Italia ed Europa
L’incidenza della superficie biologica in Italia ha raggiunto nel 2019 il 15,8% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) a livello nazionale. Questo dato posiziona il nostro Paese nettamente al di sopra della media europea, che nel 2018 si attestava all’8%, e a quella dei principali Paesi produttori come Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%). Allo stesso tempo bisogna però sottolineare anche l’aumento delle importazioni di prodotti biologici da Paesi extracomunitari, con un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali nel 2019 rispetto all’anno precedente.
L’importazione dai Paesi extracomunitari
I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%. I tassi di crescita delle importazioni bio più rilevanti si registrano per le categorie di colture industriali (+35,2%), di cereali (+16,9%) e per la categoria che raggruppa caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie (+22,8%). “L’Italia è uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari da dove nel 2019 ne sono arrivati ben 210 milioni di chili, di cui quasi un terzo dall’Asia”, ha confermato la leader dei giovani di Coldiretti, Veronica Barbati. Il problema è che i prodotti biologici importati non rispettano gli stessi standard di sicurezza imposti dall’Unione europea. “Promuovere i prodotti bio italiani riducendo i volumi delle importazioni – ha aggiunto Barbati – fornisce una spinta al raggiungimento degli obiettivi della strategia Farm to Fork del New Green Deal, che punta ad avere in futuro almeno 1 campo su 4 (25%) coltivato a bio in Italia”.
Olio importato? Vale 1,9 miliardi di dollari
Nonostante la produzione di qualità sul nostro territorio, l’Italia importa un volume consistente di olio da altri Paesi, pari a un valore di 1,9 miliardi di dollari (dati True Numbers). Tra i Paesi di provenienza primeggia la Spagna, da cui proviene olio per più di 1,4 miliardi di dollari, quasi 5 volte in più rispetto alla Grecia (306,14 milioni di dollari). La Tunisia, il Paese che spesso finisce nel mirino per quella che è ritenuta un’importazione eccessiva (favorita dall’assenza di dazi), esporta in realtà in Italia olio per un valore di soli 135,16 milioni di dollari. Il problema però non è solo la quantità, ma il prezzo: per un litro di olio italiano il costo si aggira attorno ai 7 euro, per un litro di olio tunisino si scende fino ai 2 euro. Tornando al volume delle importazioni, alla Tunisia segue il Portogallo (94,17 milioni di dollari) e infine Cipro (2,65 milioni di dollari).
