L’immagine dell’uomo perfettamente razionale che compie le proprie scelte in base ad una fredda analisi di costi e benefici si è rivelata lontana dalla realtà. Il nostro comportamento è altamente influenzabile. E può essere incentivato nella direzione di azioni virtuose
Nessuno di noi è completamente razionale. Al contrario: la maggior parte delle scelte che compiamo quotidianamente è guidata dall’abitudine e dall’istinto. Da ciò derivano numerose conseguenze. Restringendo il campo al tema che ci interessa – quello lo sviluppo sostenibile – è facile intuire come i comportamenti dei singoli siano in fondo ampiamente influenzabili. Si tratta solo di agire nel modo giusto. Non imponendo obblighi e divieti, bensì tramite semplici incentivi, spinte gentili che, sfruttando le inclinazioni psicologiche guidino le persone a compiere azioni utili per la collettività. È questo il principio alla base dell’economia comportamentale. Una teoria che può essere applicata con successo alle politiche per la tutela dell’ambiente e in favore della sostenibilità.
L’origine dell’economia comportamentale
L’espressione “economia comportamentale” è stata individuata e coniata da Richard H. Thaler, economista statunitense che, proprio grazie ai suoi studi in questo ambito, ha vinto il premio Nobel per l’economia nel 2017. Thaler sostiene che l’uomo è profondamente irrazionale, diversamente dall’assunto da cui parte l’economia classica. Quasi nessuno analizza sistematicamente costi e benefici per prendere una decisione. Oppure lo fa, ma alla fine sono altri gli elementi che intervengono come spinta decisiva. Nella sua opera più famosa, Nudge: La spinta gentile, Thaler spiega come i comportamenti virtuosi possano essere incoraggiati da condizionamenti positivi che rendono il comportamento virtuoso più facile, immediato e accessibile.
Digital Biz riporta un semplice ed efficace esempio. Normalmente, quando un piatto vegetariano è proposto come alternativa alla portata principale a base di carne, questo viene scelto da una percentuale che si aggira tra il 5 e il 10 per cento dei commensali. Quando nel 2009, in occasione di una conferenza sui cambiamenti climatici, il piatto vegetariano venne presentato da menu di default come portata principale, con la carne come alternativa, l’80 per cento dei 700 presenti scelse il piatto vegetariano. In sostanza, spesso più che compiere una vera scelta prendiamo la via più facile e diretta.
Economia comportamentale e sviluppo sostenibile
Sono molteplici le applicazioni pratiche dell’economia comportamentale nelle politiche per lo sviluppo sostenibile. Lo stesso principio del pranzo di cui abbiamo appena parlato, si può utilizzare in molti altri contesti, facendo in modo che, ad esempio, le energie rinnovabili rappresentino l’opzione primaria e non un’alternativa, magari faticosa da comprendere e da realizzare, che richieda insomma una deviazione di percorso. Bisogna anche tenere in considerazione il fatto che non tutti si comportano allo stesso modo. L’età rappresenta ad esempio un discrimine importante, perché la percezione dell’importanza della sostenibilità è molto più elevata nelle fasce giovanili. Non cambia invece la reazione rispetto agli incentivi: “non perdere” è meglio che “vincere”. Ottenere un benefit portando con sé la propria tazza per un caffè d’asporto funziona molto meno che dover pagare un extra per avere un contenitore usa e getta.
“Spinte gentili” in favore dell’ambiente
C’è chi solleva dubbi etici obiettando che l’economia comportamentale possa in qualche modo “ingannare” le persone, giocando sulla loro psicologia. Tuttavia, nell’ambito della tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, non s’intravedono rischi di questo genere. Il fine è il bene collettivo, e i mezzi, comunque, non risultano mai eccessivi o forzati. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di facilitazioni, talvolta anche giocose. Ne è un esempio l’esperimento realizzato in Gran Bretagna nel 2017. Un contenitore per i mozziconi di sigarette propone un ballottaggio su chi sia il miglior giocatore al mondo: Ronaldo o Messi? In 12 settimane le sigarette abbandonate in terra sono calate del 46%.