Creare una bistecca in laboratorio a partire da cellule animali – senza alcuna crudeltà, risparmiando tantissima energia e altrettanta terra – è una realtà: nell’arco dei prossimi dieci anni potremmo consumare ottima carne coltivata riducendo drasticamente la nostra impronta ecologica.
Il consumo di carne ha un impatto devastante sull’ambiente. Secondo quanto riporta la FAO, il 26% della terra non ghiacciata del Pianeta è adibito a pascolo, mentre il 33% è utilizzato per coltivare mangimi. Attualmente, l’agricoltura animale è responsabile del 14,5% delle emissioni annuali di gas serraed è una delle principali cause della deforestazione. Ma la produzione di carne, nel complesso, raggiunge percentuali ben più elevate, classificandosi tra le prime fonti dell’inquinamento globale.
Per questo motivo, negli ultimi anni si parla sempre più spesso di carne sintetica, anche chiamata carne coltivata o cell-based meat. Una tecnologia rivoluzionaria che potrebbe cambiare il nostro modo di produrre e consumare carne, offrendo un’alternativa sostenibile agli allevamenti intensivi. Ma che cos’è esattamente la carne sintetica, come viene prodotta e quali sono i suoi vantaggi e svantaggi?
La carne sintetica è una vera carne animale prodotta in laboratorio a partire da cellule staminali prelevate da un animale vivo, senza necessità di macellazione. Le cellule vengono coltivate in un bioreattore, all’interno di un mezzo nutritivo ricco di proteine, aminoacidi, zuccheri e sali minerali, e stimolate a crescere fino a formare un tessuto muscolare.
Questa tecnologia si distingue nettamente dalla carne vegetale, che è invece composta da ingredienti di origine interamente vegetale (come piselli, soia o barbabietole) e mira a riprodurre sapore e consistenza della carne con mezzi diversi. La carne coltivata, invece, è biologicamente identica a quella tradizionale, ma ottenuta senza allevamento e macellazione.
Il termine “carne sintetica” viene spesso utilizzato in maniera impropria: non si tratta di un prodotto artificiale, ma di un alimento reale ottenuto tramite processi biotecnologici. Per questo motivo, le organizzazioni internazionali – come la FAO e l’OMS – preferiscono l’espressione carne coltivata o carne in vitro.
Come si produce la carne coltivata: processo e tecnologie
La produzione della carne coltivata avviene in quattro fasi principali:
Prelievo delle cellule: attraverso una biopsia da un animale vivo o da una banca di cellule.
Coltura cellulare: le cellule vengono poste in un mezzo di coltura che ne stimola la proliferazione.
Differenziazione: le cellule si specializzano in tessuto muscolare, adiposo o connettivo.
Formazione del tessuto: i tessuti vengono assemblati in strutture tridimensionali all’interno di un bioreattore, che simula le condizioni fisiologiche del corpo animale.
Il bioreattore è uno strumento già usato in altri ambiti alimentari (come nella produzione di birra o yogurt), che permette un ambiente sterile e controllato, riducendo il rischio di contaminazioni e la necessità di antibiotici.
Fonte @Istituto Mario Negri
La storia della carne coltivata: dagli esperimenti ai primi ristoranti
L’idea di coltivare carne non è nuova: già negli anni ’50 si immaginava questa possibilità. Ma solo nel 2013 è stato presentato il primo hamburger da carne coltivata (Maastricht University), al costo di 250.000 euro. Da allora, il progresso è stato rapido:
2020: a Tel Aviv, il ristorante The Chicken serve pollo coltivato.
2021: Singapore è il primo Paese al mondo ad autorizzare la vendita al pubblico.
Oggi: aziende come Good Meat, Eat Just e Upside Foods stanno lavorando per abbattere i costi e scalare la produzione.
In Europa, però, la carne coltivata è ancora vietata, in attesa dell’approvazione come novel food da parte dell’EFSA. In Italia, una legge recente ha vietato la produzione e commercializzazione di carne coltivata, in attesa della risposta della Commissione Europea.
Vantaggi della carne coltivata: ambiente, salute, etica
La carne sintetica è sostenibile per almeno tre motivi principali:
1. Riduzione dell’impatto ambientale
Usa il 95% in meno di suolo rispetto alla carne tradizionale.
Emette fino al 96% in meno di gas serra.
Consuma molta meno acqua ed energia.
Secondo la FAO, l’allevamento è responsabile del 14,5% delle emissioni globali di gas serra: la carne coltivata rappresenta una soluzione concreta al cambiamento climatico.
2. Salute e sicurezza alimentare
Non contiene antibiotici o ormoni della crescita.
È più controllata e meno soggetta a batteri patogeni (come Salmonella o E. coli).
Può essere arricchita con nutrienti funzionali, come gli omega-3.
3. Benessere animale
Elimina la necessità di macellare animali. Anche se oggi molti laboratori usano ancora siero fetale bovino per la coltura cellulare, sono in sviluppo alternative vegetali cruelty-free.
Svantaggi della carne coltivata: costi, etica, impatti socioeconomici
Costo elevato e accessibilità
Il principale limite attuale della carne coltivata è il costo. Anche se in forte calo rispetto agli inizi (l’hamburger da 250.000 € è un ricordo), oggi una porzione da 50 grammi di pollo coltivato può ancora costare tra 10 e 20 euro, rendendola poco accessibile alla maggior parte dei consumatori.
Il costo dipende soprattutto da:
Prezzo del mezzo di coltura (nutrienti, ormoni, fattori di crescita).
Tecnologia dei bioreattori.
Processo di scaling industriale, ancora in fase iniziale.
Tuttavia, molte startup puntano a rendere la carne coltivata competitiva con quella convenzionale entro il 2030.
Dilemmi etici e religiosi
L’uso di siero fetale bovino come mezzo nutritivo solleva problemi etici. Sebbene siano in fase di sviluppo alternative vegetali o sintetiche, al momento la produzione non è ancora totalmente cruelty-free.
Inoltre, la carne coltivata pone questioni religiose e culturali:
È halal o kosher? Alcuni enti religiosi devono ancora esprimersi.
È accettabile per vegetariani o vegani? Dipende dalla sensibilità individuale.
Impatto sull’economia dell’allevamento
Un altro aspetto critico riguarda l’impatto socioeconomico. Se la carne coltivata dovesse sostituire la carne da allevamento, interi settori produttivi (soprattutto quelli legati all’allevamento intensivo) potrebbero risentirne, con perdita di posti di lavoro e necessità di riconversione industriale.
Carne sintetica e regolamentazione in Italia e in Europa
In Italia: legge di divieto
Nel 2023 il governo italiano ha vietato la produzione e commercializzazione di carne coltivata, suscitando ampio dibattito. La legge è stata notificata alla Commissione Europea, che dovrà valutarne la compatibilità con il mercato unico.
La posizione ufficiale dell’UE, invece, è di attesa e studio. Attualmente, la carne coltivata è classificata come novel food e può essere commercializzata solo dopo l’approvazione da parte dell’EFSA (European Food Safety Authority).
Sicurezza alimentare e approvazione europea
Dal punto di vista della sicurezza, la carne coltivata è considerata sicura dalle prime analisi scientifiche, a patto che vengano rispettati rigidi standard igienico-sanitari.
Paesi come Singapore e Stati Uniti hanno già autorizzato la vendita. L’Europa, pur più cauta, sta lavorando a un quadro normativo condiviso.
Il ruolo della carne coltivata nella sostenibilità e nella transizione alimentare
Secondo la EAT-Lancet Commission, per garantire un futuro sostenibile è necessario:
Ridurre il consumo globale di carne.
Sviluppare alternative a basso impatto ambientale.
Educare i consumatori a scelte più consapevoli.
La carne coltivata può contribuire a questo cambiamento, affiancandosi ad altre soluzioni:
Alimenti plant-based.
Fonti proteiche alternative (insetti, alghe, micoproteine).
La carne sintetica (o coltivata) rappresenta una delle innovazioni più promettenti nel panorama della sostenibilità alimentare. È vera carne, ma prodotta in laboratorio senza allevamenti, con vantaggi ambientali ed etici significativi.
Non è però una panacea. Servono ancora ricerca, trasparenza, regolamentazione chiara e politiche di transizione equa per evitare effetti collaterali su economia e società.
Ma in un mondo che affronta una crisi climatica globale, con risorse naturali sempre più limitate, ripensare il modo in cui produciamo il cibo è una priorità. E la carne coltivata può, con le giuste premesse, fare parte della soluzione.