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Regolamento CBAM: che cos’è, come funziona e cosa cambia per le imprese

Nel quadro del Green Deal europeo e delle politiche climatiche dell’Unione, il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) rappresenta un cambio di paradigma nella regolazione delle emissioni di CO₂ legate ai beni importati.

 

Il regolamento CBAM è stato pensato per evitare la “fuga del carbonio” – ovvero la delocalizzazione della produzione in paesi con normative ambientali meno rigorose – e garantire una concorrenza equa tra imprese europee e extra-UE.

 

Con l’entrata in vigore del meccanismo in forma transitoria dal 1° ottobre 2023 e la piena applicazione prevista per il 2026, il CBAM impone nuovi obblighi per le imprese che importano specifiche categorie merceologiche ad alta intensità di carbonio.

 

In questo articolo vedremo che cos’è il CBAM, come funziona, quali sono i prodotti interessati, chi deve presentare la dichiarazione CBAM, e quali sono le implicazioni per il sistema doganale italiano.

 

 
 

Che cos’è il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism)

Il CBAM, acronimo di Carbon Border Adjustment Mechanism, è uno strumento introdotto dall’Unione Europea per estendere il principio “chi inquina paga” anche alle merci importate da paesi extra-UE.

 

In pratica, si tratta di un meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera, pensato per impedire che gli sforzi europei di decarbonizzazione vengano vanificati dalla concorrenza di prodotti esteri a basso costo e ad alto impatto ambientale.

 

Questo regolamento impone agli importatori di dichiarare le emissioni incorporate nei beni soggetti a CBAM e di acquistare certificati CBAM corrispondenti a tali emissioni, analogamente a quanto accade per le imprese europee all’interno dell’EU ETS (sistema di scambio delle quote di emissione).

 

Il CBAM non è una tassa in senso stretto, ma uno strumento regolatorio con funzione ambientale, progettato per accompagnare la progressiva eliminazione delle quote gratuite concesse finora agli operatori industriali europei. L’obiettivo è incentivare pratiche produttive più sostenibili, sia dentro che fuori l’UE.

 

Origini e obiettivi del meccanismo

Il CBAM nasce nel contesto del Green Deal Europeo e del pacchetto legislativo “Fit for 55”, che mira a ridurre le emissioni nette di gas serra dell’UE di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il meccanismo rappresenta uno degli strumenti chiave per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, garantendo che gli sforzi di decarbonizzazione compiuti all’interno dell’Unione non siano vanificati da una produzione più inquinante delocalizzata al di fuori dei confini europei.

 

L’obiettivo principale del CBAM è quindi ambientale, ma ha anche una forte valenza economica e strategica. Serve a:

 

  • Prevenire la delocalizzazione delle emissioni (“carbon leakage“)
  • Incentivare i Paesi extra-UE ad adottare standard di produzione più sostenibili
  • Rafforzare il sistema ETS europeo, evitando distorsioni di mercato
  • Promuovere la leadership globale dell’UE nella transizione ecologica

 

Introdurre un “prezzo del carbonio” per le merci importate aiuta a mantenere coerenza tra il mercato interno europeo e le dinamiche globali, spingendo verso una produzione più equa e sostenibile.

 

A cosa serve il CBAM secondo l’UE

Secondo la Commissione Europea, il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) è uno strumento essenziale per assicurare che la transizione verso un’economia a basse emissioni sia equa, efficace e globale. Il suo scopo primario è quello di equiparare il costo del carbonio tra le produzioni interne e quelle importate da Paesi in cui non esistono regimi stringenti di pricing delle emissioni.

 

In pratica, il CBAM agisce come una “carbon tax all’importazione” per determinati beni e materie prime ad alta intensità di emissioni. Questo meccanismo:

 

  • Evita la concorrenza sleale da parte di aziende non soggette al sistema ETS europeo (Emission Trading System)
  • Supporta le imprese europee impegnate nella decarbonizzazione, proteggendole dal rischio di “carbon leakage”
  • Stimola l’adozione di politiche ambientali più ambiziose nei Paesi terzi, promuovendo standard di sostenibilità internazionali
  • Rende il prezzo del carbonio universale, introducendo il principio “chi inquina paga” anche al di fuori dell’Unione

 

Il CBAM, in definitiva, non è una barriera commerciale, ma uno strumento climatico di equità regolatoria e ambientale. Il messaggio dell’UE è chiaro: chi vuole accedere al mercato unico deve rispettare le stesse regole di chi produce al suo interno.

 

Quando entra in vigore il CBAM: date e fasi di attuazione

Il Regolamento CBAM (Regolamento UE 2023/956) è entrato in vigore ufficialmente il 1° ottobre 2023, ma la sua piena applicazione sarà graduale. La Commissione Europea ha infatti previsto una fase transitoria, seguita da un’attuazione definitiva a partire dal 2026.

 

Questa struttura a tappe permette alle imprese importatrici di prepararsi al nuovo sistema, adattando i propri processi di raccolta dati, monitoraggio e rendicontazione, prima dell’introduzione effettiva degli obblighi finanziari.

 

Fase transitoria (2023–2025)

Dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025, il CBAM è in vigore in una fase di transizione che non prevede il pagamento di oneri economici, ma impone obblighi di rendicontazione.

 

Durante questo periodo, gli importatori di merci soggette a CBAM devono presentare una dichiarazione trimestrale che includa:

 

  • la quantità di merci importate

  • le emissioni di CO₂ incorporate (dirette)

  • eventuali carbon pricing applicati nel Paese d’origine

 

Questa fase serve a testare il sistema e a raccogliere dati precisi sull’intensità carbonica delle importazioni, costruendo un quadro tecnico che sarà poi usato per calcolare gli oneri da versare a partire dal 2026.

 

Applicazione definitiva dal 2026

Dal 1° gennaio 2026, il CBAM entrerà in fase operativa definitiva: gli importatori dovranno:

 

  • acquistare certificati CBAM corrispondenti alle emissioni incorporate nei prodotti importati

  • registrarsi come dichiaranti autorizzati

  • presentare annualmente una dichiarazione CBAM, includendo le quantità importate e le relative emissioni

 

Il prezzo dei certificati CBAM sarà allineato al prezzo medio settimanale dei permessi ETS UE, assicurando una coerenza tra produttori europei e importatori extra-UE.

 

Come funziona: meccanismo e logiche operative

Il CBAM si basa su un principio semplice, ma rivoluzionario: far pagare anche ai produttori esteri il “costo del carbonio” già sostenuto dalle aziende europee soggette al sistema ETS (Emission Trading System). In questo modo – nell’obiettivo dei legislatori – si dovrebbero evitare fenomeni di carbon leakage e promuovere la decarbonizzazione globale.

 

Principio di funzionamento e logica della tassa CBAM

Il funzionamento del CBAM si ispira al mercato europeo delle quote di emissione. Tuttavia, invece di obbligare i produttori esteri ad aderire all’ETS, l’UE impone un prezzo del carbonio sulle importazioni, basato sulle emissioni di CO₂ incorporate nei beni.

 

Chi importa prodotti soggetti a CBAM dovrà acquistare un numero di certificati CBAM corrispondente alle emissioni di CO₂ “contenute” nei beni importati. Il prezzo dei certificati sarà indicizzato sul valore settimanale medio delle aste ETS (EU ETS Allowance), ma adeguato in base a eventuali carbon tax o sistemi ETS già applicati nel paese di origine.

 

Il principio è quello della parità di condizioni (level playing field): un acciaieria europea che paga per le sue emissioni non può essere svantaggiata rispetto a un concorrente extra-UE che opera senza vincoli ambientali.

 

Chi deve pagare il CBAM e in che modalità

I soggetti tenuti al pagamento del CBAM sono gli importatori registrati come dichiaranti autorizzati presso il Registro CBAM. In pratica:

 

  • Solo i soggetti presenti nel Registro europeo CBAM possono importare merci soggette al meccanismo;
  • Questi importatori devono monitorare e calcolare le emissioni incorporate nei beni importati;
  • Ogni anno devono presentare una dichiarazione CBAM e acquistare un numero corrispondente di certificati CBAM per compensare le emissioni;
  • Il pagamento avviene attraverso il rilascio e il riscatto dei certificati CBAM, acquistabili sulla piattaforma istituita dalla Commissione.

 

Il sistema prevede anche meccanismi correttivi in caso di sovrastima o sottostima delle emissioni, oltre a sanzioni in caso di mancato adempimento.

 

CBAM e Registro Europeo: obblighi e accesso

Per garantire la tracciabilità e il controllo del meccanismo, il CBAM si basa su un’infrastruttura digitale condivisa a livello europeo: il Registro CBAM. Questo sistema rappresenta il cuore operativo della gestione del meccanismo, ed è fondamentale per tutte le imprese coinvolte.

 

Cos’è il registro CBAM

Il Registro CBAM è una piattaforma digitale istituita dalla Commissione Europea e gestita a livello nazionale dalle autorità competenti (in Italia, l’Agenzia delle Dogane). Vi sono iscritti tutti gli operatori autorizzati a importare merci soggette al meccanismo CBAM nell’Unione Europea.

 

Funzioni principali del Registro:

 

  • Registrazione dei dichiaranti autorizzati, ovvero gli importatori che intendono immettere sul mercato europeo beni soggetti al CBAM.

  • Tracciamento dei flussi di importazione, con dettaglio delle emissioni incorporate dichiarate per ciascun prodotto.

  • Gestione dei certificati CBAM, compreso il riscatto annuale sulla base della dichiarazione obbligatoria.

 

Il Registro è anche lo strumento attraverso cui l’UE monitora il corretto funzionamento del meccanismo, raccoglie dati sulle emissioni incorporate nei beni importati e verifica il rispetto delle scadenze previste.

 

Come registrarsi come dichiarante autorizzato

Per operare legalmente all’interno del sistema CBAM, le imprese devono:

 

  1. Richiedere l’accesso al Registro CBAM presso l’autorità nazionale competente. In Italia, la richiesta va presentata all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM).

  2. Fornire una serie di informazioni anagrafiche e tecniche, inclusi codice EORI, categorie di prodotti importati e stima delle emissioni incorporate.

  3. Attendere l’approvazione e l’iscrizione formale come dichiarante autorizzato CBAM.

  4. Una volta iscritti, sarà possibile iniziare a importare i prodotti CBAM e accedere alle funzionalità del registro, incluse la compilazione delle dichiarazioni trimestrali (fase transitoria) e annuali (fase definitiva), e la gestione dei certificati.

 

L’accesso e l’uso del Registro sono obbligatori per tutti gli importatori, pena l’impossibilità di commercializzare in UE i prodotti soggetti al meccanismo.

 

Soggetti coinvolti e impatti in Italia

Anche in Italia il CBAM avrà un impatto significativo sul sistema doganale, sulle imprese importatrici e su tutte le attività coinvolte nella catena di approvvigionamento delle merci soggette al nuovo meccanismo.

 

Ruolo dell’Agenzia delle dogane e autorità competenti

Il coordinamento operativo del CBAM in Italia è affidato all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), che agisce come autorità competente nazionale.

 

I suoi compiti principali includono:

 

  • Approvare e gestire la registrazione dei dichiaranti autorizzati sul Registro CBAM.

  • Verificare le dichiarazioni CBAM trimestrali e annuali.

  • Controllare la corretta determinazione delle emissioni incorporate nei prodotti importati.

  • Applicare il regime sanzionatorio in caso di violazioni o inadempienze.

 

ADM opera in collaborazione con la Commissione Europea, partecipando allo scambio di informazioni a livello europeo e adottando le direttive tecniche previste per l’attuazione uniforme del meccanismo in tutti gli Stati membri.

 

Obblighi per le imprese italiane importatrici

Le imprese italiane che importano merci soggette al CBAM da Paesi extra-UE devono:

 

  1. Registrarsi come dichiaranti autorizzati presso l’ADM e ottenere l’accesso al Registro CBAM.

  2. Presentare dichiarazioni trimestrali (fase transitoria) e annuali (fase definitiva) con il dettaglio delle emissioni incorporate nei prodotti importati.

  3. Acquistare e restituire i certificati CBAM per compensare le emissioni dichiarate (a partire dal 2026).

  4. Fornire prove documentali sulle emissioni effettive o utilizzare valori standard definiti dalla Commissione Europea, in assenza di dati completi.

  5. Garantire la tracciabilità dei fornitori extra-UE, eventualmente richiedendo loro la collaborazione per la quantificazione delle emissioni.

 

L’adeguamento al CBAM rappresenta una sfida rilevante soprattutto per le PMI, che dovranno dotarsi di strumenti adeguati per la raccolta dei dati ambientali e l’interazione con il sistema CBAM. Allo stesso tempo, rappresenta un incentivo a rivedere le supply chain in ottica di sostenibilità, privilegiando fornitori con processi produttivi a basse emissioni.

 

Merci e settori coinvolti: le voci doganali soggette al CBAM

Il Regolamento CBAM si applica inizialmente a una lista circoscritta di beni ad alta intensità di carbonio, selezionati in base al loro impatto ambientale e al rischio concreto di delocalizzazione della produzione verso Paesi con standard ambientali più bassi.

 

Il campo di applicazione potrà essere ampliato nei prossimi anni, ma già oggi coinvolge settori strategici per molte filiere industriali.

 

Elenco delle categorie merceologiche coperte

Attualmente, il CBAM riguarda sei categorie principali di prodotti:

 

  • Cemento

  • Ferro e acciaio

  • Alluminio

  • Fertilizzanti

  • Idrogeno

  • Elettricità (importata da Paesi terzi non integrati nella rete elettrica UE)

 

Questi settori sono stati scelti in quanto fortemente emissivi e maggiormente esposti al rischio di delocalizzazione della produzione in Paesi con normative meno stringenti sulle emissioni di CO₂.

 

Codici NC e prodotti a rischio emissioni di carbonio

Il CBAM si basa sull’identificazione dei prodotti mediante i codici NC (Nomenclatura Combinata) della tariffa doganale comune dell’Unione Europea.

 

L’allegato I del Regolamento di esecuzione (UE) 2023/1773 elenca in modo dettagliato tutti i codici doganali soggetti all’obbligo di rendicontazione e, in futuro, al pagamento della tassa CBAM.

 

Esempi di codici NC interessati:

 

  • Cemento: da 2523 10 00 a 2523 90 00

  • Ferro e acciaio: gamme da 7206 a 7229

  • Alluminio: da 7601 10 00 a 7609 00 00

  • Fertilizzanti: 3102, 3103, 3104

  • Idrogeno: 2804 10 00

 

Per ciascun prodotto importato incluso in questi codici, sarà necessario calcolare e dichiarare le emissioni dirette incorporate, secondo le metodologie previste dalla Commissione.

L’individuazione corretta dei codici NC è cruciale per evitare errori nella rendicontazione e sanzioni. Le imprese devono effettuare una verifica puntuale del proprio portafoglio prodotti per identificare le merci soggette al CBAM.

 

La dichiarazione CBAM: cosa contiene e come si presenta

Uno degli obblighi principali per gli importatori soggetti al CBAM è la presentazione della dichiarazione CBAM, un documento ufficiale che consente di rendicontare le emissioni incorporate nei beni importati e calcolare l’eventuale contributo da versare sotto forma di certificati CBAM.

 

Struttura e contenuti obbligatori della dichiarazione

La dichiarazione CBAM deve essere presentata una volta all’anno, entro il 31 maggio, e riguarda le importazioni effettuate nell’anno solare precedente.

 

I dati che devono essere inclusi sono:

 

  • Quantità totale di ogni tipologia di merce soggetta a CBAM importata nel periodo di riferimento.

  • Emissioni dirette incorporate, espresse in tonnellate di CO₂ equivalente, calcolate secondo le metodologie stabilite dalla Commissione europea.

  • Quantità di certificati CBAM da restituire, in base alle emissioni dichiarate.

  • Eventuali carbon tax pagate nel Paese d’origine (da sottrarre dal calcolo del contributo finale).

  • Dati identificativi dell’importatore e eventuali rappresentanti doganali.

 

Tutti questi elementi devono essere documentati e tracciabili, pena l’applicazione di sanzioni.

 

Scadenze e sistema sanzionatorio

La dichiarazione deve essere inviata attraverso il Registro CBAM europeo entro il termine stabilito (31 maggio). Se il dichiarante non restituisce un numero sufficiente di certificati CBAM rispetto alle emissioni dichiarate, sarà soggetto a una sanzione pecuniaria calcolata secondo le linee guida della Commissione.

 

Nella fase transitoria (fino a fine 2025), non è previsto il pagamento dei certificati, ma solo l’obbligo di invio trimestrale dei dati sulle emissioni incorporate. Tuttavia, la precisione e la coerenza dei dati comunicati oggi influenzeranno le verifiche e i calcoli futuri.

 

È essenziale dotarsi fin da subito di sistemi interni (o fornitori esterni) per la raccolta, il calcolo e l’archiviazione dei dati sulle emissioni di CO₂ associate alle importazioni, anche nei casi in cui i fornitori esteri non siano ancora pienamente pronti.

 

Sfide e opportunità per le imprese europee ed extra-UE

L’introduzione del CBAM rappresenta un cambio di paradigma per il commercio internazionale, portando con sé sfide operative, ma anche nuove opportunità competitive per chi saprà adattarsi in tempi rapidi.

 

Le principali sfide per le imprese

 

  • Adeguamento dei sistemi di tracciabilità: molte aziende dovranno dotarsi di strumenti per monitorare e calcolare le emissioni incorporate nei beni importati, spesso in collaborazione con fornitori esteri non ancora strutturati per fornire tali dati.

  • Incremento dei costi amministrativi: tra registrazione, rendicontazione, verifiche e obblighi documentali, le imprese dovranno investire in formazione e consulenza.

  • Rischi reputazionali e sanzionatori: una scorretta gestione delle dichiarazioni o una mancata conformità può comportare non solo sanzioni economiche, ma anche impatti negativi in termini di immagine aziendale, soprattutto per gli operatori ESG-sensitive.

 

Le opportunità strategiche

 

  • Vantaggio competitivo per gli operatori più sostenibili: le imprese che già investono nella decarbonizzazione dei propri cicli produttivi (o che si approvvigionano da fornitori a basse emissioni) potranno posizionarsi meglio sul mercato europeo.

  • Incentivo alla transizione ecologica delle filiere globali: il CBAM funziona come leva per incentivare anche i Paesi terzi a investire in tecnologie più pulite, aprendo la strada a nuove partnership commerciali virtuose.

  • Accesso facilitato a finanziamenti green e a incentivi UE: le imprese che dimostrano un impegno concreto nella rendicontazione e riduzione delle emissioni potrebbero beneficiare di priorità nell’accesso a fondi europei o a incentivi nazionali legati alla transizione verde.

 

In definitiva, il CBAM non è solo un meccanismo di controllo, ma anche un driver di trasformazione per le imprese europee e internazionali, in grado di premiare chi anticipa il cambiamento.