European Green Deal: cos’è e a che punto siamo
Un complesso e ambizioso piano strategico che mira a compensare al cento per cento, attraverso azioni specifiche, le emissioni di gas serra all’interno dell’Ue entro il 2050. Se l’obiettivo verrà raggiunto, l’Europa sarà il primo continente neutrale dal punto di vista climatico
Il Green Deal europeo è un piano della Commissione europea per contrastare, attraverso una precisa serie di azioni mirate, il cambiamento climatico. Per farlo, entro il 2050 l’Europa non dovrà più generare emissioni nette di gas a effetto serra. Allo stesso tempo, il modello di sviluppo nel suo complesso dovrà cambiare, in modo che la crescita economica sia dissociata dallo spreco delle risorse. Un progetto ambizioso, che interesserà decine di milioni di persone e al quale lavoreranno per anni tutte le principali istituzioni europee. Se il patto verrà realizzato, l’Europa sarà il primo continente ad aver raggiunto la neutralità climatica. Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si tratta della priorità assoluta.
Cos’è il Green Deal
Il Green Deal è un complesso piano strategico composto da diverse misure e ambiti d’azione. L’intenzione è quella di rivedere ogni legge vigente in materia di clima e di introdurre nuove norme su economia circolare, ristrutturazione degli edifici, biodiversità, agricoltura e innovazione. Al momento la Commissione ha pianificato i primi due anni (2021-2022), gettando le fondamenta del progetto nel suo complesso. Al Green Deal lavoreranno Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, e sarà finanziato da un’ingente quantità di denaro, pubblico e privato. Frans Timmermans è stato nominato dalla Von der Leyen vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal europeo. Nei primi dieci anni l’obiettivo sarà quello di mobilitare circa 1000 miliardi di euro per finanziarlo, pari a circa 100 miliardi all’anno.
Azioni
Il Green Deal europeo prevede azioni volte a promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita, circolare e sostenibile. La strategia si articola attraverso settori specifici, sintetizzabili in alcune macro categorie:
- investire in tecnologie rispettose dell’ambiente
- sostenere l’industria nell’innovazione
- introdurre forme di trasporto privato e pubblico più pulite, più economiche e più sane
- decarbonizzare il settore energetico
- garantire una maggiore efficienza energetica degli edifici
- collaborare con i partner internazionali per migliorare gli standard ambientali mondiali.
Il primo e cruciale passaggio sarà quello di rendere più pulita la produzione di energia elettrica, che al momento è responsabile del 75 per cento dell’emissione dei gas serra all’interno dell’Unione. Ciò avverrà soprattutto attraverso una maggiore diffusione delle energie rinnovabili e al disincentivo dell’uso di combustibili fossili. Sarà un problema soprattutto per i Paesi dell’Est, dove l’utilizzo delle energie rinnovabili è ancora molto limitato.
I passi compiuti finora
Il Green Deal europeo è stato presentato l’11 dicembre 2019. Il 13 dicembre, il Consiglio europeo ha deciso di mandare avanti il piano con una clausola di non partecipazione per la Polonia, che ancora oggi ottiene l’80 per cento della propria energia elettrica dal carbone. Il 14 gennaio 2020 è stato introdotto il piano di investimenti e il meccanismo per una transizione giusta: ciò significa che l’Ue fornirà sostegno finanziario (150 miliardi di euro stanziati) e assistenza tecnica per aiutare i Paesi e i soggetti più colpiti dal passaggio all’economia verde. Il 4 marzo è stata avanzata la proposta per una legge europea sul clima, per trasformare l’impegno politico in un obbligo giuridico, attraverso una consultazione pubblica che riunisce regioni, comunità locali, società civile, imprese e scuole. Il 10 marzo è stata presentata la strategia industriale europea, l’11 marzo la proposta di un piano d’azione per l’economia circolare incentrato sull’uso sostenibile delle risorse, il 20 maggio la strategia “Dal produttore al consumatore” per rendere i sistemi alimentari più sostenibili e la strategia sulla biodiversità per il 2030 per proteggere le risorse naturali fragili del nostro Pianeta. Gli ultimi passi compiuti finora sono stati, l’8 luglio, l’adozione delle strategie per l’integrazione dei sistemi energetici e per l’idrogeno, e infine, il 17 settembre la presentazione del piano degli obiettivi climatici 2030.
Il piano degli obiettivi climatici 2030
Quest’ultimo recente passaggio è particolarmente importante, in quanto pone una prima serie di obiettivi intermedi da raggiungere nell’arco di dieci anni. Von der Leyen ha rilanciato la sfida europea al cambiamento climatico rafforzando l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 dall’attuale 40% rispetto ai livelli del 1990 ad almeno il 55%. Recentemente, la Commissione sta valutando di arrivare al 60%. Rivedere al rialzo l’obiettivo climatico del 2030 rappresenta un passo necessario per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, l’unico modo per mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
Obiettivo purtroppo lontanissimo, visto che se anche adesso tutti i Paesi rispettassero gli impegni presi dalla Cop 21 di Parigi (le “promesse” nazionali chiamate NDC, Nationally Determined Contributions), attualmente la temperatura salirebbe a circa 2,7° in più rispetto al 1990. Anche per questo nel 2021 i firmatari dell’accordo di Parigi dovranno presentare alla conferenza sul clima di Glasgow i loro nuovi piani di riduzione delle emissioni per il 2030. Allo stesso tempo, l’Ue dovrà iniziare immediatamente a mettere in cantiere normative aggiornate su clima ed energia per allinearsi al nuovo obiettivo. Particolarmente delicato sarà il processo di decarbonizzazione, che toccherà ogni settore economico, dai trasporti all’agricoltura.
Gli investimenti in Italia e le ricadute su PIL e occupazione
In base ai dati illustrati da un report di EStà – Economia e Sostenibilità e Italian Climate Newtork, per raggiungere gli obiettivi climatici al 2050 l’Italia dovrà quasi raddoppiare gli investimenti e aumentare in maniera sostanziale gli sforzi pubblici. Gli investimenti del periodo 2021 – 2030 nei settori strategici dovranno salire dai 1000 miliardi previsti dal PNIEC (Piano Nazionale energia e Clima, approvato nel 2019) alla cifra di 1780 miliardi. Entro il 2030 i trasporti necessiteranno di un tasso di elettrificazione dei veicoli su strada pari almeno al 30%; l’energia rinnovabile di un’installazione di pannelli fotovoltaici su circa il 4% del parco residenziale esistente; gli edifici di un investimento annuale per i settori residenziale e commerciale-pubblico pari a 21 miliardi. Questi sforzi si tradurrebbero in una crescita dell’occupazione stabile nell’ordine del 2,5%-3% e in un aumento annuo del PIL dello 0,5%-0,6%.