In un mondo in cui oltre 800 milioni di persone soffrono la fame, gettare via il cibo è una contraddizione insostenibile. Lo spreco alimentare non è solo una questione etica, ma rappresenta anche un grave problema ambientale, economico e sociale.
Ogni alimento buttato significa risorse naturali sprecate, emissioni inutili e un fallimento della filiera produttiva.
Ma che cos’è davvero lo spreco alimentare? Quali sono le sue cause, quanto pesa in Italia e nel mondo, e soprattutto: cosa possiamo fare per ridurlo?
In questo articolo approfondiamo il significato di spreco alimentare, ne analizziamo gli impatti e ti proponiamo soluzioni concrete per evitare gli sprechi a casa, nei negozi e nei ristoranti, in linea con quelli che sono gli obiettivi dell’Agenda 2030.
Che cos’è lo spreco alimentare
Lo spreco alimentare si riferisce a qualsiasi alimento scartato, perso o non consumato lungo la filiera alimentare, dalla produzione alla tavola. Può avvenire per ragioni logistiche, estetiche, economiche o culturali.
La definizione ufficiale della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) distingue tra:
- Food loss (perdita alimentare): riguarda la fase di produzione, trasformazione e distribuzione, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo;
- Food waste (spreco alimentare): si concentra nella fase finale, ovvero nella distribuzione commerciale, nella ristorazione e nel consumo domestico – ed è particolarmente rilevante nei Paesi industrializzati.
Lo spreco può essere intenzionale (es. cibo ancora buono buttato perché “scaduto”) o involontario, a causa di pianificazione errata, porzioni eccessive, scarsa consapevolezza o etichette fuorvianti.
Ogni anno, secondo il report UNEP Food Waste Index, oltre un terzo del cibo prodotto globalmente va sprecato, con un impatto devastante sull’ambiente: basti pensare che se lo spreco alimentare fosse un Paese, sarebbe il terzo emettitore mondiale di gas serra dopo Cina e Stati Uniti.
Quali sono le cause dello spreco alimentare
Le cause dello spreco alimentare sono molteplici e distribuite lungo l’intera filiera agroalimentare, dalla produzione agricola fino al consumo finale.
Spesso si tratta di inefficienze sistemiche, altre volte di comportamenti individuali inconsapevoli, ma tutte concorrono a generare una perdita inaccettabile di cibo e risorse.
Ecco una panoramica delle principali cause, suddivise per fase della filiera:
- Produzione agricola: raccolti danneggiati, surplus non raccolto per motivi economici, standard estetici troppo rigidi (frutta e verdura “brutte” scartate).
- Trasformazione e stoccaggio: perdite dovute a errori nei processi industriali, scarti inevitabili, deterioramento per cattiva conservazione.
- Distribuzione e logistica: rottura della catena del freddo, deterioramento durante il trasporto, ritiro anticipato di prodotti non venduti.
- Grande distribuzione: promozioni eccessive, invenduto a fine giornata, confusione tra “da consumarsi entro” e “preferibilmente entro”.
- Ristorazione: porzioni abbondanti, piatti non terminati, difficoltà di gestione delle scorte.
- Consumo domestico: scarsa pianificazione della spesa, errata conservazione, mancata valorizzazione degli avanzi.
Spreco a livello domestico: abitudini e comportamenti errati
Il frigorifero è il primo fronte di battaglia contro lo spreco: secondo i dati del Waste Watcher International, la maggior parte dello spreco avviene proprio in casa, a causa di una cattiva gestione del cibo acquistato.
Tra le principali abitudini sbagliate troviamo:
- Acquisti impulsivi senza lista o pianificazione dei pasti
- Conservazione impropria (temperature sbagliate, confezioni aperte troppo a lungo)
- Confusione tra le diciture di scadenza
- Non riutilizzare gli avanzi
- Cucinare quantità eccessive
Ridurre lo spreco alimentare richiede consapevolezza, educazione e piccoli gesti quotidiani. È proprio sul consumo domestico che possiamo agire da subito, con benefici immediati.
Spreco alimentare nel mondo: numeri e impatti
Lo spreco alimentare rappresenta una sfida globale con conseguenze significative sul piano economico, ambientale e sociale. Secondo il Food Waste Index Report 2024 dell’UNEP, nel 2022 sono state sprecate circa 1,05 miliardi di tonnellate di cibo, equivalenti al 19% del cibo disponibile per i consumatori a livello mondiale.
La distribuzione dello spreco alimentare per settore è la seguente:
- Famiglie: 631 milioni di tonnellate (60%)
- Servizi di ristorazione: 290 milioni di tonnellate (28%)
- Settore retail: 131 milioni di tonnellate (12%)
A queste cifre si aggiunge una perdita del 13% del cibo prodotto che si verifica nella fase post-raccolto e prima della vendita al dettaglio.
L’impatto ambientale dello spreco alimentare è notevole: esso è responsabile di circa 8-10% delle emissioni globali di gas serra.
Inoltre, lo spreco di cibo comporta un utilizzo inefficiente delle risorse naturali, come acqua e suolo, aggravando ulteriormente la pressione sugli ecosistemi.
Dal punto di vista sociale, è paradossale che, mentre una quantità così elevata di cibo viene sprecata, nel 2023 tra i 713 e i 757 milioni di persone nel mondo soffrivano la fame.
Affrontare lo spreco alimentare è quindi cruciale non solo per ridurre l’impatto ambientale, ma anche per migliorare la sicurezza alimentare globale e promuovere un uso più equo ed efficiente delle risorse disponibili.
Lo spreco alimentare in Italia: quanto vale e dove avviene
Lo spreco alimentare in Italia continua a rappresentare un problema diffuso e in crescita, nonostante l’aumento della sensibilità pubblica e le iniziative istituzionali. I dati più recenti del Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024 indicano che ogni cittadino italiano spreca in media 683,3 grammi di cibo a settimana, con un incremento del 45,6% rispetto al 2023.
Questo significa che, su base annua, ogni persona getta oltre 35 kg di alimenti ancora commestibili, con impatti significativi sia sul piano economico che ambientale.
I prodotti più sprecati sono:
- Frutta fresca: 27,1 g
- Verdure: 24,6 g
- Pane fresco: 24,1 g
- Insalate: 22,3 g
- Cipolle, aglio e tuberi: 20 g
Le principali cause risiedono nella bassa qualità di alcuni prodotti acquistati, che si deteriorano più rapidamente, e nella scarsa pianificazione domestica, con poca attenzione alla conservazione degli alimenti e al riutilizzo degli avanzi.
Lo spreco si manifesta in tutte le fasi della filiera, ma è nelle famiglie che si concentra la maggior parte delle perdite, seguite dalla ristorazione e dalla grande distribuzione organizzata (GDO). A livello europeo, le famiglie italiane rientrano nella media: nel 2022, secondo Eurostat, ogni cittadino europeo ha prodotto 72 kg di sprechi alimentari domestici su un totale di 132 kg.
Quanto vale lo spreco alimentare in Italia?
Secondo stime di Coldiretti e Waste Watcher, lo spreco alimentare in Italia ha un valore economico che supera i 9 miliardi di euro l’anno. Questo dato tiene conto non solo del costo del cibo gettato, ma anche delle risorse naturali impiegate per produrlo: acqua, suolo, energia e lavoro umano.
Dal punto di vista ambientale, lo spreco alimentare nel nostro Paese è responsabile dell’emissione di oltre 3 milioni di tonnellate di CO₂ ogni anno, aggravando la crisi climatica e contribuendo all’inutile sfruttamento di risorse già scarse, come l’acqua dolce.
Cosa fa il governo italiano per ridurre lo spreco alimentare?
Il principale riferimento normativo in Italia è la Legge 166/2016, nota anche come Legge Gadda, che ha introdotto una serie di misure per incentivare il recupero e la donazione di cibo invenduto o in eccesso.
Tra le iniziative previste:
- Semplificazione burocratica per le donazioni alimentari da parte di aziende, supermercati e ristoranti;
- Incentivi fiscali per chi dona cibo;
- Collaborazioni tra enti pubblici e terzo settore per la ridistribuzione delle eccedenze;
- Campagne di sensibilizzazione su scala nazionale (come la “Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare”, il 5 febbraio).
Inoltre, l’Italia partecipa attivamente all’implementazione dell’Obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030, che punta a dimezzare entro il 2030 lo spreco alimentare globale pro capite, sia a livello di vendita al dettaglio che nei consumi.
Dove si spreca più cibo in Italia?
Secondo l’osservatorio Waste Watcher, i maggiori sprechi alimentari in Italia si verificano:
- A livello domestico, soprattutto nelle grandi città, dove il ritmo di vita frenetico favorisce acquisti impulsivi e la mancata pianificazione dei pasti;
- Nella ristorazione, in particolare nelle mense e nei catering collettivi, dove spesso si producono porzioni eccessive non consumate;
- Nella grande distribuzione, a causa delle logiche di assortimento e dell’estetica dei prodotti, che porta a scartare cibo perfettamente commestibile ma “fuori standard”.
Lombardia, Lazio e Campania risultano essere le regioni con i volumi più alti di spreco complessivo, in parte per la densità abitativa e in parte per la maggiore concentrazione di ristoranti e supermercati.
Agenda 2030 e spreco alimentare: cosa dice l’obiettivo 12.3
Lo spreco alimentare è una delle priorità globali dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata dalle Nazioni Unite nel 2015. In particolare, l’Obiettivo 12 (“Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”) contiene un target specifico, il 12.3, che recita:
“Entro il 2030, dimezzare lo spreco alimentare globale pro capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento, comprese le perdite post-raccolto.”
Questo obiettivo riconosce che la riduzione dello spreco di cibo è cruciale per costruire un sistema alimentare più equo, resiliente e rispettoso dei limiti planetari. Raggiungere il target 12.3 consentirebbe di:
- Limitare la pressione sulle risorse naturali, come acqua, suolo ed energia;
- Ridurre le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione e smaltimento del cibo sprecato;
- Migliorare la sicurezza alimentare globale, rendendo disponibili maggiori quantità di cibo per le persone che ne hanno bisogno;
- Promuovere un’economia più circolare, attraverso il recupero e la valorizzazione delle eccedenze alimentari.
Per monitorare i progressi verso l’obiettivo, l’ONU utilizza indicatori come il Food Waste Index (FWI) dell’UNEP e il Food Loss Index (FLI) della FAO, che tengono conto sia dello spreco nei Paesi sviluppati che delle perdite nei Paesi in via di sviluppo.
Come ridurre lo spreco alimentare: soluzioni e buone pratiche
Ridurre lo spreco alimentare è possibile e alla portata di tutti, ma richiede un impegno collettivo lungo l’intera filiera: dalla produzione agricola al consumo finale.
Le strategie per limitare gli sprechi possono essere suddivise in tre livelli d’intervento: sistema produttivo, settore della ristorazione e distribuzione, e consumo domestico.
Per aziende, ristoranti e grande distribuzione:
- Ottimizzare le previsioni della domanda con l’uso di tecnologie predittive e intelligenza artificiale;
- Donare le eccedenze alimentari a enti caritativi tramite reti come Banco Alimentare o Last Minute Market;
- Utilizzare l’invenduto per produrre energia o compost quando il recupero alimentare non è possibile;
- Educare i clienti attraverso etichette intelligenti, date di scadenza chiare e promozioni anti-spreco.
Per i cittadini: come evitare lo spreco alimentare a casa
Gran parte dello spreco avviene tra le mura domestiche. Per questo è fondamentale adottare alcune buone pratiche quotidiane:
- Pianificare i pasti settimanali e stilare una lista della spesa mirata;
- Controllare regolarmente il frigorifero e la dispensa per evitare acquisti doppi;
- Conservare correttamente gli alimenti, rispettando la catena del freddo e usando contenitori ermetici;
- Interpretare correttamente le etichette, distinguendo tra “da consumarsi entro” (sicurezza alimentare) e “preferibilmente entro” (qualità);
- Valorizzare gli avanzi, preparando nuove ricette anti-spreco come zuppe, frittate o insalate creative;
- Condividere il cibo in eccesso tramite app come Too Good To Go, Olio o Regusto.
Ridurre lo spreco alimentare non significa rinunciare al comfort o alla varietà, ma solo cambiare abitudini e fare scelte più consapevoli. È un gesto concreto che, se ripetuto su larga scala, può generare un impatto ambientale ed economico enorme.
Un cambiamento che parte dai nostri comportamenti
Lo spreco alimentare è una sfida urgente e complessa, ma anche un’opportunità concreta per costruire un futuro più equo, sostenibile ed efficiente. In un mondo dove miliardi di persone non hanno accesso a un’alimentazione sufficiente, ogni gesto volto a ridurre lo spreco diventa un atto di responsabilità ambientale, sociale ed economica.
I dati più recenti mostrano che la maggior parte del cibo sprecato potrebbe essere evitata con una migliore pianificazione, una maggiore consapevolezza e politiche pubbliche più incisive. Ognuno di noi ha un ruolo da giocare: dai consumatori, alle imprese, alle istituzioni.
Raggiungere l’Obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030 – dimezzare lo spreco alimentare globale – richiede un cambiamento culturale profondo, ma possibile. A partire dalla nostra tavola.